Eppure – forse in particolare per noi, popoli sub-artici – il sole di mezzanotte può competere con l’aurora in quanto a suggestione e fascino. Perché?
Basta la “bizzarria” dell’assistere allo scoccare, una dopo l’altra, delle ore notturne e, nel mentre, riuscire a vedere ciò che ci circonda come fosse giorno, per giustificare quella sensazione di eccezionalità dell’evento, quel fascino che esercita?
In un primo momento forse quel sole “intramontabile” ci fa sorridere, magari anche ridere, divertendoci perché ci contraddice, mina il nostro “luogo comune”, smentisce quello che diamo per scontato. Ma io credo che nello stare fermi a guardare quella sfera infuocata che illumina “la notte”, un po’ alla volta si insinui nello spettatore un altro sentimento capace anche di condurre alla commozione.
Quel sole sembra infatti dire: “ehi, guarda che io sono sempre qua, anche quando non mi vedi!”.
E tu ti rendi conto che sì, lui c’è sempre, anche di notte… che c’è sempre stato, fin dalla notte dei (nostri) tempi.
E allora, mentre infreddolito e assonnato lo osservi solcare la notte, capisci che sì, è lui il nostro vero insostituibile spettacolo. È a quel suo esserci “a prescindere”, senza sorprese, senza guizzi e senza fantasie, a quella sua indolente, immancabile e regolarissima presenza che dobbiamo tutto…
Insieme a quel pensiero riemerge allora la consapevolezza che noi stessi non siamo che “polvere di stelle” ovvero antichi soli fattisi, nel ribollire della cucina universale, via via natura e carne… e ancora tenute in vita da un sole: quel sole.
È a quel sole, così ordinario e testardo, così presente e instancabile – e che a ogni ora del giorno ci scalda e ci vivifica, anche se non lo vediamo – che dobbiamo ogni cosa.
E sì: anche l’aurora boreale è tutto merito suo (****).